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I diari di scavo 2025 – quarta settimana
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Ultimi giorni a Saqqara: chiudere per ricominciare
L’autunno è ufficialmente arrivato qui a Saqqara. Il lavoro inizia con il sole già alto, ma l’atmosfera è cambiata: il calore intenso delle scorse settimane ha lasciato spazio a un vento costante e a nuvole che punteggiano l’orizzonte. A tratti sembra quasi che voglia piovere.
È tempo di chiusura sullo scavo. Dopo settimane di attività sul campo, le operazioni restano le stesse, ma il ritmo cambia: non si tratta più di riportare alla luce, bensì di verificare, completare, mettere ordine.
L’indagine archeologica condotta fino agli ultimi giorni ci ha permesso di raggiungere il livello della cappella di Yuyu e di verificare un’ipotesi fatta nel 2023: il muro che avevamo visto nella sezione non fa in realtà parte della cappella come avevamo pensato, ma appartiene ad un’altra struttura precedente all’angolo della quale la cappella di Yuyu è stata appoggiata. Una volta appurato ciò, è il momento di mettere l’area in sicurezza: alcuni punti vengono ricoperti, altri protetti con teli e sabbia, per preservare quanto trovato. Ogni gesto serve a conservare, ma anche a preparare il terreno per la prossima missione.

Figura 1: la squadra di lavoro, composta da Essam Rashid, Paolo Del Vesco, Essam Saad Mohammed e Hodhod Mahmud, indaga l’area adiacente alla cappella di Yuyu. Foto di Nicola Dell’Aquila
Intanto, tutti i reperti rinvenuti nel corso dello scavo – schedati, disegnati e documentati giorno dopo giorno – vengono ricontrollati uno a uno, per assicurarsi che nulla sia stato tralasciato, e poi sistemati con cura all’interno del magazzino. Ogni passaggio viene registrato, così che chiunque, in futuro, voglia recuperare gli oggetti della missione del 2025 sappia come orientarsi all’interno del deposito.

Figura 2: Martina Terzoli e Federico Poole schedano i reperti trovati nel corso dello scavo. Foto: Nicola dell‘Aquila
Si completa anche la documentazione fotografica di tutti i materiali della missione – dagli oggetti più minuti ai frammenti ceramici – ma soprattutto della cappella di Yuyu, per completare il lavoro epigrafico realizzato sul sito. Un altro obiettivo fondamentale è “portare a casa” la documentazione del lavoro svolto: i modelli 3D delle aree indagate, i rilievi topografici, le fotografie, le note stratigrafiche. Tutte queste informazioni costituiranno la base per gli studi da remoto dei mesi a venire, come quelli dedicati alla ceramica o agli oggetti lignei analizzati nel corso della missione.

Figure 3-4: Paolo Marini e Lyla Pinch Brock documentano la cappella di Yuyu e la cappella 535. Foto: Nicola dell‘Aquila
Sono giorni di lavoro quasi febbrile. Si teme di non riuscire a chiudere tutto in tempo, di dimenticare qualcosa di importante, di non completare un disegno o un rilievo. Ogni dettaglio conta, e ogni gesto – anche il più piccolo – sembra avere un peso particolare. Eppure il tempo, in questi momenti, scorre più veloce del solito. Si lavora fino all’ultimo, tra schede da ricontrollare, scatole da etichettare, strumenti da riporre. E quando finalmente tutto è in ordine, arriva quel silenzio particolare che segna la fine del lavoro: ce l’abbiamo fatta. Si avverte forte la consapevolezza che ogni risultato è frutto di un impegno collettivo, e che ognuno ha lasciato un segno – visibile o invisibile – nel racconto di questa missione.
Arriva l’ultimo giorno. È il momento dei saluti, sempre un po’ sospesi tra felicità e malinconia. Si ringraziano i collaboratori, si chiudono i taccuini, si ripongono gli strumenti che per settimane sono stati un’estensione delle mani. Ci si guarda intorno, quasi per imprimere nella memoria ogni dettaglio del sito: il sole, la sabbia, le piramidi, il paesaggio.

Figura 5: il gruppo di lavoro al completo. Foto: Nicola dell‘Aquila
Lasciare lo scavo significa interrompere una routine che, giorno dopo giorno, è diventata casa: i ritmi, i volti, i gesti ripetuti che danno forma al lavoro condiviso. Ci si saluta tra abbracci, strette di mano e promesse di rivedersi presto. Poi, come da tradizione, si appongono i sigilli alle porte dei magazzini: il lavoro sul campo è ufficialmente concluso. E con quel gesto, tra malinconia e soddisfazione, si chiude un altro capitolo della missione.
Ma il nostro lavoro non finisce qui. Tutto ciò che lo scavo ha rivelato deve ora essere studiato e restituito. È una fase silenziosa ma decisiva, in cui il lavoro sul campo si trasforma in conoscenza scientifica.

Figure 6-7: Barbara J. Aston impegnata nello studio della ceramica copta e Caroline Arbuckle mentre studia i materiali lignei. Foto: Nicola dell‘Aquila
Ogni fine scavo è anche un nuovo inizio: un momento di bilancio, ma soprattutto di preparazione. Le domande che il terreno ha posto attendono ancora risposta, e sarà il lavoro dei prossimi mesi – e della prossima missione – a cercarla.
Un grazie speciale a tutti i colleghi e le colleghe, i collaboratori e le collaboratrici, gli amici e le amiche, che hanno fatto parte di questa squadra e hanno reso realizzabile questa missione, e un grazie anche a te che stai leggendo per averci seguito.
All’anno prossimo, inshallah.

Figura 8: tramonto ad Abusir. Foto: Nicola dell‘Aquila
L’autunno è ufficialmente arrivato qui a Saqqara. Il lavoro inizia con il sole già alto, ma l’atmosfera è cambiata: il calore intenso delle scorse settimane ha lasciato spazio a un vento costante e a nuvole che punteggiano l’orizzonte. A tratti sembra quasi che voglia piovere.
È tempo di chiusura sullo scavo. Dopo settimane di attività sul campo, le operazioni restano le stesse, ma il ritmo cambia: non si tratta più di riportare alla luce, bensì di verificare, completare, mettere ordine.
L’indagine archeologica condotta fino agli ultimi giorni ci ha permesso di raggiungere il livello della cappella di Yuyu e di verificare un’ipotesi fatta nel 2023: il muro che avevamo visto nella sezione non fa in realtà parte della cappella come avevamo pensato, ma appartiene ad un’altra struttura precedente all’angolo della quale la cappella di Yuyu è stata appoggiata. Una volta appurato ciò, è il momento di mettere l’area in sicurezza: alcuni punti vengono ricoperti, altri protetti con teli e sabbia, per preservare quanto trovato. Ogni gesto serve a conservare, ma anche a preparare il terreno per la prossima missione.

Figura 1: la squadra di lavoro, composta da Essam Rashid, Paolo Del Vesco, Essam Saad Mohammed e Hodhod Mahmud, indaga l’area adiacente alla cappella di Yuyu. Foto di Nicola Dell’Aquila
Intanto, tutti i reperti rinvenuti nel corso dello scavo – schedati, disegnati e documentati giorno dopo giorno – vengono ricontrollati uno a uno, per assicurarsi che nulla sia stato tralasciato, e poi sistemati con cura all’interno del magazzino. Ogni passaggio viene registrato, così che chiunque, in futuro, voglia recuperare gli oggetti della missione del 2025 sappia come orientarsi all’interno del deposito.

Figura 2: Martina Terzoli e Federico Poole schedano i reperti trovati nel corso dello scavo. Foto: Nicola dell‘Aquila
Si completa anche la documentazione fotografica di tutti i materiali della missione – dagli oggetti più minuti ai frammenti ceramici – ma soprattutto della cappella di Yuyu, per completare il lavoro epigrafico realizzato sul sito. Un altro obiettivo fondamentale è “portare a casa” la documentazione del lavoro svolto: i modelli 3D delle aree indagate, i rilievi topografici, le fotografie, le note stratigrafiche. Tutte queste informazioni costituiranno la base per gli studi da remoto dei mesi a venire, come quelli dedicati alla ceramica o agli oggetti lignei analizzati nel corso della missione.

Figure 3-4: Paolo Marini e Lyla Pinch Brock documentano la cappella di Yuyu e la cappella 535. Foto: Nicola dell‘Aquila
Sono giorni di lavoro quasi febbrile. Si teme di non riuscire a chiudere tutto in tempo, di dimenticare qualcosa di importante, di non completare un disegno o un rilievo. Ogni dettaglio conta, e ogni gesto – anche il più piccolo – sembra avere un peso particolare. Eppure il tempo, in questi momenti, scorre più veloce del solito. Si lavora fino all’ultimo, tra schede da ricontrollare, scatole da etichettare, strumenti da riporre. E quando finalmente tutto è in ordine, arriva quel silenzio particolare che segna la fine del lavoro: ce l’abbiamo fatta. Si avverte forte la consapevolezza che ogni risultato è frutto di un impegno collettivo, e che ognuno ha lasciato un segno – visibile o invisibile – nel racconto di questa missione.
Arriva l’ultimo giorno. È il momento dei saluti, sempre un po’ sospesi tra felicità e malinconia. Si ringraziano i collaboratori, si chiudono i taccuini, si ripongono gli strumenti che per settimane sono stati un’estensione delle mani. Ci si guarda intorno, quasi per imprimere nella memoria ogni dettaglio del sito: il sole, la sabbia, le piramidi, il paesaggio.

Figura 5: il gruppo di lavoro al completo. Foto: Nicola dell‘Aquila
Lasciare lo scavo significa interrompere una routine che, giorno dopo giorno, è diventata casa: i ritmi, i volti, i gesti ripetuti che danno forma al lavoro condiviso. Ci si saluta tra abbracci, strette di mano e promesse di rivedersi presto. Poi, come da tradizione, si appongono i sigilli alle porte dei magazzini: il lavoro sul campo è ufficialmente concluso. E con quel gesto, tra malinconia e soddisfazione, si chiude un altro capitolo della missione.
Ma il nostro lavoro non finisce qui. Tutto ciò che lo scavo ha rivelato deve ora essere studiato e restituito. È una fase silenziosa ma decisiva, in cui il lavoro sul campo si trasforma in conoscenza scientifica.

Figure 6-7: Barbara J. Aston impegnata nello studio della ceramica copta e Caroline Arbuckle mentre studia i materiali lignei. Foto: Nicola dell‘Aquila
Ogni fine scavo è anche un nuovo inizio: un momento di bilancio, ma soprattutto di preparazione. Le domande che il terreno ha posto attendono ancora risposta, e sarà il lavoro dei prossimi mesi – e della prossima missione – a cercarla.
Un grazie speciale a tutti i colleghi e le colleghe, i collaboratori e le collaboratrici, gli amici e le amiche, che hanno fatto parte di questa squadra e hanno reso realizzabile questa missione, e un grazie anche a te che stai leggendo per averci seguito.
All’anno prossimo, inshallah.

Figura 8: tramonto ad Abusir. Foto: Nicola dell‘Aquila
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Dal lunedì al sabato dalle ore 9:00 alle 18:00